In questi giorni, in cui il mondo cristiano si appresta a celebrare una delle sue festivita’ piu’ importanti, vorrei ribadire una cosa: sono atea. Questo non e’ certo un segreto per chi legge da tempo il blog. Pero’ gradirei precisare che il mio non e’ uno dei tanti slogan che cambiano con il tempo, a seconda delle circostanze e delle tendenze, e non e’ neppure un’affermazione per sentirmi "alla moda", o essere anticonvenzionale, o recitare la parte della ribelle in un'epoca fortemente polarizzata tra non credenti ed estremisti religiosi. Se sono atea e’ perche’, semplicemente, le mie convinzioni si basano sul raziocinio, in quanto fortemente ispirata dall'intelletto.
Da bambina mi avevano convinta ad essere credente. Era per merito di Dio che ero nata, cresciuta, e che avevo una famiglia che mi donava amore. Nel corso del tempo, pero’, quella sensazione e’ andata a perdersi, annullandosi del tutto, fino a quando e’ arrivato il momento in cui, poco piu’ che adolescente, ho avvertito che quell’essenza che avrebbe dovuto riempire il mio essere non esisteva piu’. E’ stata la prima volta che ho smesso di essere la persona che ero, e dico “la prima volta” perche' poi, in seguito, di cambiamenti importanti nella mia vita ce ne sono stati altri, ma questo e’ un altro discorso.
Perche’ e’ avvenuto? Perche’ ho voluto ribellarmi alla mia infanzia, ai rituali, alle tradizioni, alla comunita’? E perche’ ho iniziato ad essere influenzata da quella sostanza “maligna”, il dubbio dato dalla conoscenza, che andava in contrasto con tutto cio’ a cui mi avevano abituata, e che ha finito per provocare in me quel conflitto? Se lo sto scrivendo non e’ per ricercare Dio; il mio ateismo e’ ormai conclamato ed e’ difficile che possa tornare indietro. E’, semplicemente, perche’ nonostante tutte le esperienze vissute, sono ancora alla ricerca di me stessa. Riguarda percio’ le mie verita’, e quel viaggio interiore che costantemente intraprendo, in profondita’, ogni giorno, per comprendere meglio chi sono e cosa veramente voglio. E in questa profondita’ da moltissimi anni non trovo piu’ cio’ che una volta pareva essere il fondamento della mia vita: la Fede.
C’e’ stato un momento in cui ho capito che un Dio non poteva essere piu’ la fonte della mia esistenza, o una quintessenza, o una realta’, o un dato di fatto. Cosi’ quel Dio si e’ trasformato in un'idea, e come tale ho cercato di farlo andare d’accordo con i processi della ragione, e con tutto cio’ che la mia giovane mente assorbiva sottoforma di istruzione, cultura, e poi in seguito come preparazione scientifica. E’ da allora che ho iniziato a definirmi atea. Da quando il livello di consapevolezza raggiunto mi ha fatto comprendere che Dio rappresentava il nulla assoluto, e che non era piu’ una verita’, neppure piccola, neppure da poco. E’ stato un momento della vita che ho vissuto nel quale, di punto in bianco, mi sono resa conto come non avessi piu’ alcun bisogno di una qualunque “essenza” che non fosse basata sulla razionalita’. Questo e’, in breve, l’atteggiamento che ho riguardo alla questione della Fede.
Permettetemi pero’ di chiarire ulteriormente a chi pensa che io provi un qualche tormento per il fatto di non credere in Dio, che si sbaglia. Al contrario, sento che questa mancanza di Fede mi sta facendo godere di un equilibrio spirituale, fisico, intellettuale e filosofico, che mi permette di essere veramente me stessa, e di sentirmi "normale". Non ho divieti religiosi o tabu’ divini che pesano sulla mia esistenza e sul modo che ho di vivere. E’ per questo che mi sento leggera, senza catene, libera dal condizionamento che molte persone, proprio per un fattore religioso del quale spesso non sono coscienti, hanno profondamente radicato dentro di se’. So solo che "esisto", niente di piu’, niente di meno. E che la mia mente e’ l’unica convinzione che ho, con tutto cio’ che ne consegue in termini di conoscenza, sentimenti, cultura, valori, domande, risposte, dubbi e certezze.
Non lo sto dicendo per contestare, ne’ per provocare, ne’ per convincere, ne’ per esprimere qualcosa di puramente filosofico e teorico. Le mie parole sono il semplice frutto di un’esperienza di vita, e di una materializzazione della ragione in questa esperienza. E dal momento che non ho mai smesso di sperimentare, mettere in discussione, e confrontarmi con le certezze e con i dubbi, la questione di Dio e’ oggi per me un argomento su cui mi capita spesso di riflettere, ma in modo relativo e non con la categoricita’ che precede la ragione.
Se mi chiedete dunque quale sia il mio sentimento verso questa epitome che afferma che Dio non esiste, ma che il cosiddetto creatore dell'umanita’ non e’ altro che una delle tante creazioni/invenzioni che inevitabilmente influiscono sulla mia vita, risponderei senza rischiare di essere imprudente, che si tratta di un sentimento profondo di riconciliazione con il mio essere e tutto cio’ che ha concorso affinche’ io sia oggi quella che sono: la mia infanzia, il passato, il presente, le contraddizioni, le possibilita’ e le sincronie. Ed anche un profondo senso di riconciliazione con l'universo e tutti i suoi elementi: la sua natura, la storia, la geografia, la gente, la chimica, la fisica, la terra, l'acqua, i pianeti e tutto quanto.
C’e’ a volte chi mi chiede: “Ma se non credi in Dio, allora in che cosa credi?” Ebbene, non e’ una risposta difficile: credo nella scienza. In quello che ha svelato fino ad ora e in cio’ che svelera’ in futuro. E con tutto il rispetto che provo per le persone che credono nelle favole (e ne hanno bisogno), che cosa potrebbe essere la religione se non uno strumento illusorio per dare conforto a milioni e milioni di menti, desiderose di essere rassicurate nelle loro paure e nei dubbi di ogni giorno? Veramente vogliamo scommettere la nostra intera vita, i nostri principi, i nostri comportamenti, e le nostre scelte, su questo? Non sarebbe piu’ sano e gratificante, impostare un'etica di vita terrena e una morale basata sulla decenza, sul rispetto e sui valori umanistici universali? Non sarebbe piu’ sano e gratificante, decidere in tutta liberta’ quali siano i nostri errori, cercando di correggerli? Non sarebbe piu’ giusto non assumere come verita’ assoluta che credere in un Dio sia l’unica concretizzazione di amore e di perdono, quindi l'unico modo per salvare l'umanita’ dalla sua natura "animalesca" e dai "cattivi" istinti?
Come si puo’ capire, pur essendo una miscredente, ci sono tuttavia moltissime cose in cui credo, e una fra tutte e’ che affidarsi alla Fede, qualsiasi Fede, sia come portare il cervello all’ammasso; una cessione incondizionata di liberta’ e di raziocinio; una resa totale con la quale le persone si affidano al nulla assoluto, e demandano ogni scelta e ogni giudizio a qualcosa di “superiore” la cui esistenza non puo’ essere dimostrata in alcun modo.
Una favola eterea e inconsistente, quindi, creata da un bisogno irrazionale di certezze che nessuno puo’ dare, che pero’ incide materialmente, ogni giorno, nella carne viva della vita di ciascuno, condizionandoci nei comportamenti, e facendoci sentire appartenenti ai buoni e non ai cattivi solo se rispettiamo quei precetti, assurdi, sui quali c’e’ sempre piu’ spesso il sospetto che siano stati ideati al solo scopo di creare nell’umanita’ una sorta di gerarchia di privilegi validi per alcuni e non per altri. E il tutto dietro la fumosa promessa di qualcosa che ogni persona sana di mente interpreterebbe come inganno: la vita eterna.