Ho delle graziose tettine. Le definisco cosi’ perche’, considerata la mia altezza, non sono grandi. Pero' non ho mai sentito il desiderio di rifarmele, ed avrei avuto molte occasioni in quanto, fra le mie amicizie, posso contare piu’ di un chirurgo estetico. Il fatto e’ che provando attrazione anche per le donne, so quanto il seno naturale conservi una forma piu’ bella ed armoniosa, e sia anche piu’ piacevole al tatto, per non parlare della sua reattivita’. Di averle piccole, quindi, non mi sono mai lamentata.
Anche se in tutte le tradizioni si attribuisce al seno femminile un potere quasi assoluto, non solo perche’ dispensatore di nutrimento, ma anche in quanto strumento di seduzione, non e’ la sua taglia ad essere determinante per cio’ che riguarda il saper trarre godimento dal sesso; quello che ci fa definire sensualmente calde oppure fredde. Pare ci siano infatti altri gli elementi, come i capezzoli e le areole, che fungono da indicatori dell’autentica passionalita’ di una donna. E’ da un libro che mi e’ stato consigliato recentemente, dove in un capitolo viene descritta un’azteca che dall’adolescenza passa alla maturita’, che riporto questa curiosa teoria:
“La sensualita’ di una donna e’ direttamente proporzionale al diametro e al colore scuro delle areole. Per quanto bello possa essere il suo viso, per quanto ben fatte le forme, e indipendentemente dalla sua disponibilita’ o dall’apparente freddezza. Questi aspetti possono essere ingannevoli, anche deliberatamente da parte della donna. Ma esiste quest’unico indizio certo della sensualita’ della sua indole e, allo sguardo esperto, non esiste arte della cosmesi che possa nasconderlo o contraffarlo. La donna che abbia una vasta e scura areola intorno ai capezzoli, ha invariabilmente il sangue ardente, anche se potrebbe desiderare che fosse altrimenti. La donna senza areole - con appena residui di capezzoli, come un uomo - e’ inevitabilmente fredda, anche se, in buona fede, puo’ ritenersi diversa, o anche se si comporta spudoratamente per sembrare sensuale”.
Che sia vero o non vero non e' facile da dire, e ciascun dara’ la propria risposta. Tuttavia i miei capezzoli sono grandi e le areole di un rosa molto intenso che contrasta anche troppo sulla mia pelle chiarissima. Pero’ non credo che Ashika si sia posta questa domanda quando, quella sera, sono rimasta a seno nudo di fronte a lei.
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“E allora, vuoi toccarlo o no?”, le chiesi di nuovo. “Non sentirti imbarazzata; ti ho solo chiesto se vuoi toccarlo, non se sei lesbica!”. Poi le sorrisi, alzando le braccia e intrecciando le mani dietro la nuca. “Non ti mordero’… prometto. Beh, almeno non subito!”
Ero davvero molto eccitata, seppur la situazione per me non fosse nuova, e non era solo a causa del flamenco. Ashika non era certo la prima che mi portavo a letto, pero’ mi intrigava il fatto che ancora non fosse fuggita via, come avrebbe fatto una qualsiasi ragazza eterosessuale, magari turbata da quella mia improvvisa, anche se a quel punto scontata, dichiarazione di omosessualita’. Di solito chi non scappa entro i primi cinque minuti, e’ probabile che voglia dar sfogo alla sua curiosita’. Era accaduto anche a me, piu’ o meno lo stesso, molti anni prima. E poi sapevo di piacerle! Certe cose una donna le sente, indipendentemente che dall’altra parte ci sia un uomo o un’altra donna.
“Qui…”, le indicai prendendole la mano e attirandola a me con delicatezza. Pero’ non la posai direttamente sul seno, ma sotto, sulle costole. Tanto sapevo che non avrebbe resistito. E infatti, quasi subito, la sua mano, risalendo, si chiuse a coppa intorno al mio seno, avvolgendolo con cautela, come fosse stato un frutto maturo. Ne saggio’ la morbidezza e la pelle che al tatto - ne ero certa - dovette sembrarle liscissima. Da sempre tratto la mia pelle come un abito di seta preziosa, ed in fondo e’ cio’ che e’: il piu’ indossato ed apprezzato di tutto il mio guardaroba.
Normalmente, in certe situazioni, se si e’ lesbiche, ci si muove in modo istintivo, sapendo bene cosa e come fare. Invece Ashika si muoveva come una bambina curiosa che non aveva mai visto o toccato qualcosa. Mi fu chiaro subito come fosse del tutto inesperta nei rapporti omosessuali. Pero’, quando si rivolse al mio capezzolo, toccandolo e premendolo delicatamente, fu subito ricompensata dalla reazione che ebbe, che forse non si attendeva, almeno non cosi’ immediata: istantaneamente si inturgidi’, diventando duro ed eretto.
“L’altro inizia ad ingelosirsi…” le sussurrai. “Non puoi far le coccole solo a uno dei due”.
Cosi’ tese anche l’altra mano, iniziando a passare le dita su entrambe le tette, esplorandone le curve, prima timida, poi sempre piu’ audace, titillando i capezzoli intrigata dalla loro reattivita’.
“Molto bene”, sussurrai ancora, e gia’ sentivo il respiro che mi si faceva affannoso. “Ti andrebbe di usare la lingua adesso?”
Ashika accenno’ per un attimo a chinarsi su di me, come per baciarmi il seno, ma ad un tratto, si blocco’. “Io… io non so come…”
“Non preoccuparti”, la rassicurai. “Ti faccio vedere io come si fa”.
Con abilita’, e con la stessa precisione con cui avrei sbucciato una banana, le feci scivolare le spalline del vestito, e la spogliai fino alla vita. Sotto non portava niente; nessun reggiseno miracoloso come in un primo momento avevo immaginato. Solo i suoi seni: rotondi, pieni, dalla forma perfetta, e con il capezzolo un po’ all’insu’ come piace a me. Forse a causa dell’imbarazzo, forse per l’agitazione o per il freddo, ma piu’ probabilmente per l’eccitazione, aveva la pelle d’oca che le increspava persino le areole, non scure ed estese come le mie, ma neanche tanto piccole e chiare.
I capezzoli, pero’, li aveva grandi piu’ o meno come i miei, ed erano gia’ turgidi. Uno glielo presi in bocca, succhiandolo appena un po’. Sinceramente non so cosa abbia pensato o provato in quel momento. Probabilmente lo stesso che anche io avevo pensato, anni prima, quando mi ero trovata in quella identica situazione, con una donna che si impadroniva del mio corpo: “Santo cielo! Una donna che mi sta succhiando le tette!” Ma ancora ricordo la vampata di piacere che segui’ quel pensiero. Qualcosa che mi lascio’ senza respiro.
Usai la lingua per picchiettarle i capezzoli, prima uno, poi l’altro, seguitando ad accarezzarli e a pizzicarli appena con le dita. Dalla reazione di Ashika capii che non le dispiaceva. Anzi, inizio’ a gemere e si abbandono’, giu’, distesa sul letto. Ed anch’io, sentendo la sua eccitazione che montava, incominciai a sentire le farfalle nella pancia.
“Siamo troppo vestite”, le dissi. “Ed io mi sento piu’ a mio agio nuda. Inoltre rischiamo di macchiarci i vestiti. Non so come vada a te, la’ sotto, ma per quanto mi riguarda sono gia’ un lago”.
Cosi’ mi tolsi velocemente la gonna, restando di fronte a lei, indossando solo me stessa oltre agli orecchini e alle scarpe da flamenco. Notai che il suo sguardo cadde immediatamente sul mio monte di venere, completamente rasato, e mi accorsi che resto’ sorpresa. Lo fissava, incapace di staccarmi gli occhi di dosso.
“Che c’e’? Non ti piaccio?”
“No e’ che non pensavo, beh, insomma… a vederti cosi’… senza peli”.
“Tesoro, significa che non sai quanto sia piacevole farlo con il sesso completamente glabro? E’ tutto… come dire… piu’ sensibile. Dovresti provare anche tu qualche volta. E poi, non sempre mi depilo del tutto. A volte lascio il cespuglietto, a volte no. Mi piace cambiare, e stasera e’ meglio cosi’. Vorra’ dire che potrai vedere tutto, tutto, proprio tutto…” Poi, senza darle il tempo di assimilare il concetto, incalzai: “Pero’, anche tu devi levarti quel vestito, non credi?” E l’aiutai a sfilarsi l’abito dalla testa. Sotto, diversamente da me che per abitudine sotto la gonna non metto mai niente, Ashika indossava un tanga molto sexy.
“Ah… cattivella”, bisbigliai. “Sapevo che sotto quel visino da angioletto e quell’aria da brava ragazza, dimorava una tigre”. E senza indugio le infilai un dito sotto al tanga, iniziando ad abbassarlo.
E’ sempre quello il punto di non ritorno. Lo so bene. Se si arriva fino a quel punto, a farsi togliere l’ultimo indumento che si porta addosso, allora una cosa e’ certa: siamo pronte a ricevere piacere, e niente al mondo ci farebbe tornare indietro.
Le calai il tanga sulle cosce. Sentivo il suo odore che si mischiava al mio: eravamo entrambe eccitatissime. “Hai le mutandine bagnate”, le dissi compiaciuta. “E intuisco che il tuo gusto sara’ molto, molto, dolce”.
A quelle parole ebbe un fremito, e un piccolo fiotto le scivolo’ fra le cosce, come una goccia sul vetro quando si scioglie la condensa. Le insinuai una coscia tra le gambe, ma non era ancora il momento di farla godere. No. Volevo giocarci ancora un po’ prima di farla arrivare all’orgasmo. Tanto piu’ e’ lungo il tempo che ci si mette ad arrivare al culmine, tanto piu’ e’ intenso il godimento. Con gli uomini e’ difficile solo immaginare di poter giocare cosi’. Loro vengono quasi subito, tutti, almeno la prima volta, e forse, sentendosi in colpa o in difetto, desiderano e fanno di tutto perche’ anche tu venga presto. Mentre con una donna, invece… beh, e’ tutta un’altra cosa, ed io so bene come fare: faccio a lei esattamente cio’ che desidererei lei facesse a me. La faccio godere a lungo, lasciandola spasimare fino a che non mi prega di farle avere l’orgasmo. E poi, ancora, prolungo la sua sofferenza, fino a quando capisce che dopo aver fatto sesso con una donna che davvero ci sa fare, difficilmente provera’ le stesse sensazioni, intense, con un uomo.
(Continua...)