E’ per tutto cio’ che scrive e per valori che cerca di diffondere, con forza e determinazione, in una difficilissima battaglia contro il femminismo talebano e il moralismo ipocrita, che ammiro e stimo Morgane Merteuil, “puttana, attivista, femminista”, cosi’ si definisce, che in Francia si trova al centro di un acceso dibattito sulla dignita’ della donna allorquando sceglie, in tutta liberta’, di vendere il proprio corpo. Oggi, forse anche a causa della crisi economica, sono sempre di piu' le donne che scelgono di farlo, liberamente, come professione o in modo saltuario, ed e' sbagliato confonderle con le ragazze rapite, portate via con la forza dalle loro famiglie e costrette a stare in mezzo a una strada per arricchire una cricca di magnaccia.
Percio’, cominciamo innanzitutto a sfatare qualche luogo comune. Contrariamente a quel che pensano in molti, indotti dalla disinformazione mediatica controllata da chi ha tutto l’interesse a far credere che la prostituta tipica sia quella brutalizzata, schiavizzata, obbligata a battere in strada, che se potesse fuggirebbe via dai suoi aguzzini, dalle statistiche, quelle vere e non quelle inventate al solo scopo di alimentare i luoghi comuni, emergerebbero dei dati assai diversi: delle 70.000 prostitute in Italia, molte delle quali di provenienza straniera, infatti, solo nel 65% dei casi si puo’ parlare di stradali, e di queste non piu’ del 5% vorrebbe davvero “fuggire dal lavoro”. In realta’, pur riconoscendo le condizioni non certo entusiasmanti che tale mestiere comporta, insalubri, pericolose, incluso il fatto che viene spesso gestito dal racket al quale deve essere pagata una percentuale sugli incassi, la quasi totalita’ delle ragazze che hanno scelto di farlo, anche quelle sulla strada, non cambierebbe mai la sua condizione per un altro lavoro piu’ “normale”, a meno di non trovare piu’ o meno le stesse condizioni di guadagno.
E’ un argomento, quello della prostituzione intesa come scelta e non come costrizione, che nel moralismo dilagante dei tempi che stiamo vivendo diventa quasi un fatto “eversivo”, soprattutto quando viene trattato come in questa intervista rilasciata dalla Merteuil. Un tema, pero’, che quando viene affrontato da una prostituta, invece che da un premio Nobel in sociologia, offre sempre a chi non la pensa allo stesso modo l’occasione per controbattere. E cosi’, fra le accuse che fioccano nei confronti di chi e’ o e’ stata una puttana e difende la liberta’ di scelta di una donna di fare del proprio corpo quello che crede, c’e’ quella di essere “troppo coinvolta” emotivamente, quindi di cercare un modo per autoassolversi da quella condanna sociale della quale sente il peso, quando, addirittura, cio’ non viene fatto passare per una difesa corporativistica di categoria.
Ma se non una puttana, chi? Chi se non una prostituta potrebbe essere piu’ adatta a parlare di prostituzione? Chi piu’ di una donna che ha conosciuto sulla propria pelle cosa significa il mestiere puo’ avere voce in capitolo? Non credo che chi in vita sua non ha mai accettato, neppure una volta, di fare sesso per denaro possa capire fino in fondo cosa significhi, e non credo che chi non ha mai fatto la puttana possa giudicare dall’alto del suo pulpito cio’ che non conosce.
In questo, Morgane Merteuil ha tutte le ragioni del mondo portando avanti la sua battaglia contro l’ipocrisia, il perbenismo e il talebanesimo di chi, in modo falso, spaccia per “emancipazione” quello che in fondo e’ soltanto ignoranza. C’e’ infatti chi ancora non riesce a comprendere i forti mutamenti sociali che stanno avvenendo che portano sempre piu’ donne a riconsiderare il sesso come strumento per il raggiungimento dei propri obiettivi e non piu’ come atto finalizzato al mantenimento di una relazione sentimentale in funzione monogamica.
Purtroppo, questo mutamento non piace al “sistema”, che da sempre predilige la difesa dello status quo. Idee come quelle della Merteuil, anche se sembrano un’autodifesa della propria integrita’ morale oppure una difesa corporativistica di categoria, possono innescare dei mutamenti profondi nella societa’ e rivoluzionare totalmente il rapporto di forza fra i generi che, fra le altre cose, si basa anche sull’accettazione della superiorita’ del maschio in termini sessuali che si esprime in una piu’ libera scelta che ha rispetto a quella di una femmina. Nessun uomo, infatti, viene ostracizzato, o sottoposto a critiche feroci, se sceglie di fare una vita libertina, neanche se vende il suo corpo a qualche donna arrapata in grado di pagarlo, anzi per certi versi tutto cio’ lo rende quasi degno di sottile invidia, mentre la stessa cosa non avviene per una donna che, invece, nel comportarsi in modo identico viene etichettata come “zoccola”.
E’ il “sistema” a creare i suoi anticorpi, attingendo a quella fascia di persone che, piu’ di tutte, provano fastidio dal fatto che esista chi, con facilita’, riesce ad ottenere quello per cui esse devono faticare. Le piu’ feroci, spesso, sono altre donne, quelle che si ritengono prive di quelle caratteristiche necessarie per potersi avvantaggiare del proprio corpo. Molte di queste si definiscono femministe, attente alla dignita’ di ogni donna, ma sono persone ossessionate dalla crudele disparita’ con cui la Natura ha distribuito i suoi doni fra l’umanita’, e mascherano la loro malattia liberticida con discorsi bugiardi sulla difesa della dignita’ femminile, quando in realta’ tutto cio’ non e’ che un pretesto per tacitare i propri demoni interiori che sono di ben altra natura. In realta’ cio’ che desiderano e' far precipitare sulla terra chi vola troppo in alto, piu’ in alto di loro. Se non fosse cosi’, non si spiegherebbe l’ossessione che hanno di voler “aiutare” ad ogni costo anche chi di essere “aiutata” non ha alcuna voglia, proponendo leggi che limitino l’esercizio della prostituzione allo stesso modo in cui vorrebbero obbligare le donne islamiche che hanno scelto di portare il velo, a non portarlo.
Sono convinta che chi e' favorevole a leggi che impediscono alle donne scelte individuali, come quella di prostituirsi oppure portare il velo, se e’ cio’ che alcune donne desiderano fare, si pone esattamente sullo stesso livello di chi le obbliga a prostituirsi e a portare il velo anche controvoglia. Tuttavia, riconosco anch’io come nell’atto di prostituirsi ci sia qualcosa di sottilmente sbagliato perche’, in fondo, sono convinta che in un mondo ideale, migliore, non dovrebbero esserci ne’ prostitute ne’ clienti. I rapporti fra le persone, tutti i rapporti, dovrebbero essere avulsi dal denaro, dalla posizione sociale, dalla bellezza, dall’intelligenza, quindi dall’esercizio di quel potere che ogni persona puo’ piu’ o meno avere, e che sempre viene finalizzato al raggiungimento del proprio obiettivo senza esclusione di mezzi. Ma questo dovrebbe contemplare ogni tipo di prostituzione, non solo quello in cui di mezzo c’e’ il sesso. Altrimenti, se fra tutti i modi in cui la gente in questo mondo si prostituisce l’unico criticabile resta quello per via sessuale, allora viene da pensare che il vero problema non sia il prostituirsi, ma il sesso stesso.
Il mondo reale, comunque, non e’ quello ideale, non e’ Utopia, non e’ un mondo dove tutti sono belli, perfetti, sessualmente normali, soddisfatti della loro vita sessuale, tutti innamorati del partner giusto che ricambia a sua volta allo stesso modo. Il mondo reale e’ un’altra cosa ed ha ancora bisogno delle puttane. Perche’ non ci sono solo luci, ci sono anche ombre. Ci sono pulsioni e desideri inconfessabili. Tutti hanno obiettivi diversi da raggiungere, e voglie da soddisfare che altri non hanno. Percio', non c’e’ nessuno che possa spacciare il suo stile di vita come il migliore in assoluto, tanto da renderlo obbligatorio per tutti. Ed e' una fortuna che sia cosi’. Perche’ se cosi’ non fosse, se qualcuno potesse imporci per legge cosa fare del nostro corpo, se venderlo, affittarlo, regalarlo oppure buttarlo via, come se potesse decidere di coprirci il volto con un velo oppure no, piu’ che a un’utopia assomiglierebbe a una distopia di tipo nazista.
Anche se la volonta’ che il “sistema” e i suoi anticorpi cercano di imporre e’ quella di unificarci il piu’ possibile a un modello, affinche’ si possa essere piu’ controllabili e gestibili, sta a noi lottare per mantenere intatta e viva la nostra vera identita', qualsiasi essa sia.
Anche se la volonta’ che il “sistema” e i suoi anticorpi cercano di imporre e’ quella di unificarci il piu’ possibile a un modello, affinche’ si possa essere piu’ controllabili e gestibili, sta a noi lottare per mantenere intatta e viva la nostra vera identita', qualsiasi essa sia.